Come previsto e anticipato nel precedente intervento, la recente norma in materia di ritenute fiscali negli appalti contenute dell’art. 4 del decreto fiscale 2020 (D.L. n. 124/2019 convertito, con modificazioni, nella legge n. 157) -in merito all’obbligo di controllo dei Committenti sui versamenti delle ritenute effettuati dalle imprese appaltatrici, subappaltatrici e consorziate esecutrici che si realizza nell’acquisizione da parte del Committente di copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute, trattenute dall’impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio- ha creato il rischio di avere non pochi disagi alle imprese per il pesante aggravio sull’operatività amministrativa di un settore già duramente colpito dalla crisi -tutte le imprese interessate, infatti, devono far fronte in un breve lasso di tempo (la norma, pubblicata in Gazzetta Ufficiale nel pomeriggio del 24 dicembre 2019 è entrata in vigore il successivo 1° gennaio) a cambiamenti gestionali di non poco conto che incidono in maniera importante sia sulla organizzazione delle imprese che sull’attività dei produttori di software gestionale.

Ma è la poca chiarezza del dettato normativo, soprattutto, ad aver messo in agitazione i soggetti interessati, per cui l’Agenzia delle Entrate – con la circolare n. 1/E pubblicata il 12 febbraio 2020- ha cercato di fornire alcuni chiarimenti su questioni di non facile soluzione che discendono direttamente dal dettato normativo.

Innanzitutto la Circolare specifica che lo scopo dell’articolo 17-bis è creare una serie di misure in materia di contrasto all’omesso o insufficiente versamento, anche mediante indebita compensazione, delle ritenute fiscali, prevedendo una serie di nuovi obblighi e adempimenti, a carico di committenti, appaltatori, subappaltatori, affidatari e tutti gli altri soggetti che abbiano rapporti negoziali. L’ambizioso obiettivo è contrastare l’evasione fiscale, messa in atto soprattutto dagli appaltatori “nei settori della logistica, dei servizi alle imprese, nel settore alimentare e della meccanica”.

Tutti questi settori “sono caratterizzati dal consistente utilizzo di manodopera e dalla conseguente presenza di debiti nei confronti dell’Erario/INPS derivanti dalle retribuzioni corrisposte”.

Nello specifico, è stato riscontrato che i soggetti che forniscono prevalentemente manodopera tramite appalto di servizi sono società a responsabilità limitata e soprattutto cooperative.

La circolare poi chiarisce quali sono i soggetti coinvolti dall’adempimento. Tra questi figurano i soggetti residenti in Italia che nei contratti di appalto forniscono manodopera “utilizzando i beni strumentali di proprietà del committente o riconducibili in qualunque forma al committente”. Sono quindi esclusi dall’ambito di applicazione i soggetti non residenti senza stabile organizzazione in Italia affidatari delle opere o dei servizi, perché non rivestono la qualifica di sostituti d’imposta (articoli 23 e 24 del Dpr n. 600/1973).

Di seguito, la circolare si focalizza sul concetto di “catene di soggetti” per cui ciascun “soggetto della catena” (committente, appaltatore e subappaltatore) può rivestire la qualifica di “committente” (“tipicamente il committente nei confronti dell’appaltatore e del subappaltatore e l’appaltatore nei confronti del subappaltatore”) ed è pertanto tenuto ai nuovi obblighi sul versamento delle ritenute fiscali negli appalti e subappalti.

Nel caso di “catene” di appalti, ossia di subappalti o di subaffidamento a soggetti consorziati, l’appaltatore o il consorzio sono da ritenersi a tutti gli effetti “committenti” nei confronti dei subappaltatori e dei subaffidatari e dunque, come si accennava, a loro volta soggiacciono alla novella in rassegna in presenza degli altri presupposti di applicabilità, con una sorta di effetto domino

L’Agenzia delle Entrate si rende conto che l’aggiramento della soglia dei 200.000 euro, IVA esclusa (uno dei presupposti di applicabilità previsti dal comma 1 dell’art.17 bis)  potrebbe avvenire attraverso il frazionamento dell’affidamento di opere o servizi di ammontare superiore al citato limite in più sub-affidamenti ciascuno di importo inferiore al limite ed afferma, di conseguenza, che il valore sarà verificato unicamente nel rapporto tra il primo committente- anche se escluso dagli obblighi de quibus- e affidatario, cosicché ove se ne dovesse riscontrare il superamento, gli altri presupposti di applicabilità (prevalente utilizzo della manodopera presso la sede del committente, con utilizzo dei beni strumentali ad esso riconducibili) saranno verificati con riferimento a ciascun committente in senso ampio.

L’Agenzia ha munito la circolare di pratici esempi in merito:

“Si pensi al caso in cui la società A stipuli un contratto di appalto di 450.000 euro con la società B, la quale stipula un subappalto con le società X, Y e Z di 150.000 ciascuna e con prevalente utilizzo della manodopera limitatamente alle società X e Y. In questo caso, sia la società A sia la società B sono “committenti” e ciascuna di esse deve verificare la sussistenza degli ulteriori presupposti, consistenti nel prevalente utilizzo della manodopera presso le sue sedi di attività e con l’utilizzo dei beni strumentali comunque ad essa riconducibili, limitatamente ai rapporti con le società X e Y. In particolare, la società A nei confronti di B, X e Y e la società B nei confronti di X e Y. Nel caso in cui, ad esempio, i predetti ulteriori presupposti di utilizzo della manodopera si dovessero verificare nei confronti della società A, le disposizioni contenute nell’articolo 17-bis troveranno applicazione nei confronti della società originaria committente A e delle società appaltatrice e subappaltatrici B, X e Y. Viceversa, nel caso in cui i predetti ulteriori presupposti si dovessero verificare nei confronti della società B, le disposizioni contenute nell’articolo 17- bis troveranno applicazione nei confronti della società appaltatrice B e delle società subappaltatrici X e Y, rimanendone perciò esclusa la società A.”.

Quanto all’ambito oggettivo di applicazione della norma, il comma 5 dell’art. 17bis disciplina le cause di esonero dall’applicazione dell’intero articolo 17bis, che ricorrono qualora le imprese appaltatrici, affidatarie o subappaltatrici comunichino al Committente, allegando la Certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, la sussistenza dei seguenti requisiti nell’ultimo giorno del mese precedente a quello di scadenza del pagamento delle ritenute: 1) di essere in attività da almeno tre anni;

2) di essere in regola con gli obblighi dichiarativi;

3) di avere eseguito nel corso dei periodi d’imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10 per cento dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime;

4) di non avere iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori ad euro 50.000,00, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione.

Quanto alla lett.a) del comma 1 dell’articolo 17-bis che vede quale presupposto “l’affidamento a un’impresa del compimento di un’opera o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore ad euro 200.000”, l’Agenzia rimarca che l’affidamento riguarda “il compimento di una o più opere o di uno o più servizi”.

Rientreranno quindi nell’ambito di applicazione della disposizione normativa in esame anche gli affidamenti misti di opere e servizi. L’affidamento deve essere poi riferito «a un’impresa». In presenza di affidamenti a più imprese, l’applicazione del comma 1 dell’articolo 17-bis sarà valutata per ciascuna di esse. Nel caso di imprese associate in un’associazione temporanea di imprese, l’ATI sarà da intendersi unitariamente ai sensi della disposizione normativa in esame.

Il compimento di un’opera o più opere o di uno o più servizi deve essere “di importo complessivo annuo superiore ad euro 200.000” per ciascuna impresa.

Chiarisce la Circolare che l’arco temporale va riferito all’anno solare (cioè dal 1° gennaio al 31 dicembre) e che, in presenza di contratti di durata annuale o pluriennale che presentino un prezzo predeterminato, il calcolo della soglia su base annua di 200.000 euro avverrà secondo un meccanismo di pro-rata temporis su base mensile (cioè in dodicesimi).

Quanto alla “prevalenza di manodopera” sub lett.c.1), l’Agenzia stabilisce che per determinare “la prevalenza” va fatto riferimento al rapporto tra la retribuzione lorda dei lavoratori (sia dipendenti che assimilati) e il prezzo complessivo dell’opera. La prevalenza si avrà quando tale rapporto supera il 50%.

L’Agenzia fornisce chiarimenti anche sulle altre condizioni previste dalla nuova normativa: lo svolgimento dell’opera presso la sede del committente e l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili.

Quanto al primo requisito, la Circolare indica che sono considerate “sedi del committente” tutti i luoghi in cui esso opera: “Vi rientrano, tra le altre, la sede legale, le sedi operative, gli uffici di rappresentanza, i terreni in cui il committente svolge l’attività agricola, i cantieri, le piattaforme e ogni altro luogo comunque riconducibile al committente destinati allo svolgimento dell’attività d’impresa, agricola o professionale”.

I “beni strumentali”, invece, saranno “ordinariamente macchinari e attrezzature che permettono ai lavoratori di prestare i loro servizi, ma ciò non esclude che siano utilizzate altre categorie di beni strumentali. La riconducibilità dei beni strumentali ai committenti potrà avvenire a qualunque titolo giuridico: proprietà, possesso, detenzione. È in ogni caso necessario che i beni strumentali non siano viceversa esclusivamente riconducibili a qualunque titolo giuridico agli appaltatori, ai subappaltatori, agli affidatari e agli altri soggetti che hanno rapporti negoziali comunque denominati. Qualora i lavoratori utilizzino i beni strumentali riconducibili agli appaltatori, ai subappaltatori, agli affidatari o agli altri soggetti che hanno rapporti negoziali comunque denominati necessari per l’esecuzione della specifica opera o servizio commissionati, l’occasionale utilizzo di beni strumentali riconducibili al committente o l’utilizzo di beni strumentali del committente, non indispensabili per l’esecuzione dell’opera o del servizio, non comportano il ricorrere della condizione di applicabilità in esame”.

Infine la circolare precisa anche il livello dei controlli che devono essere effettuati dal committente che dovrà verificare:

– Che la retribuzione oraria del lavoratore non è “manifestamente incongrua” basandosi non solo su elementi cartolari (la verifica della corrispondenza tra gli F24 e la documentazione fornita), ma anche sugli elementi notori disponibili (ad esempio i contratti collettivi) e sull’effettiva presenza dei lavoratori presso la sede del committente;

-Che le ritenute fiscali per ciascun lavoratore non siano manifestamente incongrue rispetto all’ammontare della relativa retribuzione corrisposta. In caso lo siano, dovrà chiedere spiegazioni agli affidatari; -Che le ritenute fiscali siano state versate senza alcuna possibilità di compensazione.

Poste le necessarie premesse, deve considerarsi incontestato che la norma in materia di ritenute fiscali negli appalti si applica inequivocabilmente nel preciso settore della logistica, specificatamente richiamato dalla Circolare.

Da lì a poter coinvolgere anche il settore delle spedizioni e traporti il passo è breve se solo si consideri che spesso, anche tra gli addetti ai lavori, i termini di logistica, appalto di servizi, spedizione, trasporto e subtrasporto vengono frettolosamente usati senza distinzione (e senza pensare alle ripercussioni pregiudizievoli che questo può portare in termini di conseguenze giuridiche se coinvolti in una vertenza o sanzionatorie se si violano norme come quella in esame).

In tale confusione si sono già in passato imbattuti i Tribunali che, con giurisprudenza ondivaga, hanno in maniera altalenante considerato i contratti di trasporto assimilabili a quelli di logistica o di appalto.

Per non parlare dell’appalto di servizi di trasporto in forza del quale il vettore si obbliga a trasferire merci da un luogo all’altro, per un certo periodo di tempo, per cui lo stesso Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la circolare n.17 dell’11 luglio 2012, prescrive che “qualora si riscontri che la prestazione dedotta nel contratto di trasporto, a prescindere dal nomen iuris utilizzato, è consistita in una serie di trasporti collegati al raggiungimento di un risultato complessivo, al quale le parti si sono reciprocamente obbligate, anche oltre il tempo strettamente necessario per il trasporto, al fine di rispondere ad una serie di necessità del committente, eventualmente attraverso la predisposizione preventiva – da parte del trasportatore – di una organizzazione idonea, gli ispettori potranno ritenere applicabile la disciplina del contratto di appalto”.

Pensando quindi, prudenzialmente e in attesa di chiara soluzione, di dover applicare la norma in materia di ritenute fiscali negli appalti contenuta nell’art. 4 del decreto fiscale 2020 (D.L. n. 124/2019 convertito, con modificazioni, nella legge n. 157) anche ai contratti di appalto di servizi di trasporto, di spedizione, di trasporto intermodale e di trasporto c.d. “puro”, da un punto di vista soggettivo è chiaro che, nell’ambito della filiera, ciascun soggetto -il committente nei confronti del vettore, il vettore nei confronti del subvettore e così via- coinvolto in un contratto “di importo complessivo annuo superiore ad euro 200.000” può rivestire la qualifica di “committente” con gli obblighi previsti dalla normativa.

E’ altresì chiaro che, il considerare in senso estensivo per “sedi del committente” tutti i luoghi in cui esso opera (sede legale, sedi operative, uffici di rappresentanza, le piattaforme e ogni altro luogo comunque riconducibile al committente destinato allo svolgimento dell’attività d’impresa), porta a rendere teoricamente applicabile la norma in esame, dato il possibile e naturale approdo del traportatore presso i magazzini, le piattaforme, i depositi gestiti dal committente.

Così come è chiaro che se uno dei presupposti per l’applicabilità della norma è che “La riconducibilità dei beni strumentali ai committenti potrà avvenire a qualunque titolo giuridico: proprietà, possesso, detenzione”, il quotidiano e indiscriminato utilizzo di mezzi di proprietà del committente da parte degli incaricati delle società affidatarie dell’incarico di trasporto (si pensi ai muletti, alle c.d. casse mobili, ai pallet, ai container, ai bilici etc.) può portare -oltre a già noto fenomeno del c.d. “appalto illecito o fraudolento”- anche all’applicazione della norma in oggetto.

Sarà utile, pertanto, ai fini di evitare futuri e sgradevoli pregiudizi e/o sanzioni di varia natura e in attesa di ulteriori chiarimenti, che ogni singolo rapporto venga previsto e disciplinato contrattualmente.

Per qualsiasi ulteriore approfondimento Margiotta & Partners è a disposizione inviando una mail a segreteria@margiottalegal.it.